14 giugno 2010

Dolori intercostali

...Eppure una volta ero bravo a essere sottinteso. Mah, sarà la vecchiaia...

9 giugno 2010

Immensità

Non credeva ai suoi occhi.
Era qualcosa di meraviglioso, seppur così lontano per poterlo toccare. Gli sembrava quasi di non averlo mai visto in vita sua, e in effetti era la prima volta che riusciva a percepirlo in questa maniera così intensa. Quel cielo, così colorato, quasi fosse stato dipinto veramente da un Dio, da qualcuno che tutto poteva, e niente chiedeva in cambio.
Niente, proprio niente.
Se avesse potuto si sarebbe messo a ridere forte, ma al momento proprio non gli riusciva. Riusciva invece ancora a sentire, qualcosa che fino a qualche istante prima gli era sconosciuto: Il fruscio delle foglie, il soffio leggero del vento, le lontane voci della città, le voraci mandibole di uno scoiattolo, il ticchettio del proprio orologio. Non riusciva a pensare a niente'altro, era totalmente immerso in questo paradiso in terra, anche se, a guardarlo con occhi normali non vi era niente di speciale. Ma lui era riuscito a liberare tutti i suoi sensi, e la cosa gli pareva buffa. Non pensava che sarebbe stato questo l'effetto del suo gesto, e quasi iniziava a pentirsene. Scopriva la vita, proprio un attimo dopo aver ben pensato di poterne fare a meno. Era un controsenso, una beffa. L'ultima, ma forse dopotutto la meno dolorosa. Ed era strano pensare che non fosse così dolorosa, visto che un buco del genere in testa avrebbe dovuto fare un male cane. E invece, alla fine di tutto, la testa non gli doleva affatto; era il cuore che esplodeva in un misto di gioia e dolore, un misto talmente forte, talmente esasperato che si rendeva conto che anche dopo una catastrofe del genere, il suo corpo si ribellava alla morte, perchè era stato creato apposta per questo: per ribellarsi, per essere vivo, per sopravvivere. Avrebbe voluto piangere, gridare, pentirsi, ridere, vivere, continuare a guardare quel cielo azzurro, quel mondo maledetto così tante volte da averne dimenticato il numero, da averne dimenticata la bellezza, da averne dimenticato il calore. Ma la sola cosa che riuscì a fare fu di farsi trasportare dalla forza di gravità, senza opporre resistenza, mentre il suo corpo sgraziato cercava disperatamente di lottare fino all'ultimo secondo. Non sentì l'impatto con la terra, non sentì altri rumori. Il suo corpo perse la guerra, ma riuscì a levarsi un ultima soddisfazione e i suoi occhi rimasero fissi a guardare quel cielo così bello, così luminoso, così vivo.